Email deliverability: significato e perché è importante
Nell’Email Marketing quando si parla di deliverability si fa riferimento alla capacità di recapitare messaggi di posta elettronica nell’inbox dei contatti di un database, evitando la casella “spam”.
La paura di finire nella posta indesiderata è legittima e per impedire che si concretizzi è necessario comprendere cosa significa davvero deliverability.
Il termine deliverability non va confuso con quello di email delivery rate, o tasso di recapito, una metrica che indica quanti messaggi, sul totale di quelli inviati, raggiungono la casella del destinatario.
Nelle consulenze con i nostri clienti poniamo sempre l’accento sull’engagement e il rapporto con i destinatari delle email, piuttosto che valutare il problema da una prospettiva di bounce vs delivered.
Perché questa scelta? Perché la deliverability ha a che fare prima di tutto con il concetto di fiducia (tra mittente e destinatario) e con quello di reputazione (di chi invia le email), e poi con tutto il resto, che è ciò che vedremo in questa guida.
Perché un’email non arriva a destinazione?
Un’email non giunge a destinazione perché viene rifiutata dagli ISP (Internet Service Providers).
Quando facciamo riferimento alla deliverability non intendiamo problemi che riguardano errori di scrittura dell’indirizzo di posta elettronica di un contatto o l’impossibilità di un server di recapitare i messaggi che inviamo.
La tua deliverability ha a che vedere con il rispetto di alcune norme che definiscono la tua reputazione come mittente (sender reputation). Gli ISP hanno infatti il compito di salvaguardare gli utenti, evitando che ricevano spam e posta indesiderata. Impiegano degli algoritmi per calcolare la rilevanza di un messaggio email e decidere se farlo arrivare a destinazione.
Se alla prova degli ISP risulti essere un mittente che consegna posta di valore allora riuscirai a consegnare i tuoi messaggi. Al contrario, se ci sono elementi sufficienti per considerarti uno spammer, gli ISP non consegneranno le tue email.
Potremmo dire che il requisito più importante per una buona deliverability è proprio la reputazione.
Alti tassi di rimbalzo (bounce rate), segnalazioni di spam e scarso coinvolgimento dei destinatari delle tue email possono compromettere la tua capacità di recapitare messaggi al tuo database e farti registrare una bassa deliverability.
Tra i fattori che compromettono la deliverablity troviamo:
- l’invio senza autenticazione personalizzata
- l’uso di single opt-in
- l’invio da un indirizzo email di dominio gratuito
- oggetti (subject line) che includono parole segnalate come spam
- difficoltà nella disiscrizione dal database
- uso di abbreviatori di URL
- email con troppe immagini.
MailUp considera la deliverability cruciale, per questo verifichiamo la qualità di tutto il traffico in uscita dalla nostra piattaforma e le pratiche dei nostri clienti. In questo modo possiamo assicurare i più alti tassi di consegna (in situazioni di normalità, il nostro tasso di recapito è vicino al 99%).
Per evitare di avere una bassa deliverability – e rendere vani i tuoi invii – devi assicurarti di non essere uno spammer.
È difficile vedere se stessi come una persona che invia deliberatamente spam, ma rispondere alla seguente domanda ti aiuterà a chiarirti le idee: “La tua email fornisce un reale valore al destinatario?” Spesso le esigenze del mittente non coincidono con quelle di chi riceve il messaggio: è importante trovare l’equilibrio tra i bisogni di entrambe le parti.
Secondo le nostre analisi, infatti, il segreto per mantenere nel tempo un’ottima deliverability è avere mittenti attenti al rapporto con i loro destinatari.
La ricezione delle email non va quindi considerata un passaggio scontato ed è importante valutare la probabilità che le proprie campagne email raggiungano i destinatari, così come individuare e correggere prontamente gli ostacoli che impediscono che l’invio vada a buon fine.
MailUp è al tuo fianco in questa sfida, per questo siamo entrati a far parte della Certified Sender Alliance, dell’Email Service Provider Coalition e del M3AAWG per la lotta allo spam.
Ma vediamo nel dettaglio quali sono i fattori che incidono sulla deliverability e come puoi migliorare la probabilità che i tuoi invii vadano a buon fine.
Open Rate, Click-through Rate e gli altri fattori che impattano sulla deliverability
Nell’Email Marketing il livello di engagement svolge un ruolo determinante nel successo di una campagna.
La deliverability stessa ha a che vedere in gran parte con il coinvolgimento dei destinatari rispetto a ciò che viene mandato loro: le persone aprono le tue email? Cliccano sui link che hai inserito? Comprano i prodotti che offri loro? Le risposte a queste domande hanno una correlazione diretta con il tasso di recapitabilità delle tue email, ovvero la tua deliverability.
Puoi migliorare i tassi di recapito dei tuoi messaggi email ottimizzando il funnel di engagement.
Come nel funnel tradizionale, anche in questo si passa da un primo step, che richiede un’interazione più generica, a livelli successivi con interazioni via via più significative fino ad arrivare in fondo all’imbuto, dove avviene l’azione cruciale o conversione.
Funnel di engagement nell’email marketing:
Email spedite > Email recapitate > Email nella casella Inbox > Email aperte > Email cliccate
Perché la tua strategia di Email Marketing abbia successo devi ridurre al minimo le perdite tra uno step del funnel e il successivo.
Nella fase di ottimizzazione della deliverability l’obiettivo è mantenere il numero di email recapitate più vicino possibile a quello delle email spedite.
Per indicare le email non recapitate (rifiutate dal server di destinazione) si usa il termine bounce. Più bounce hai e meno ampio sarà il secondo livello del funnel di engagement, e così il terzo, il quarto,… il risultato sarà che meno persone arriveranno allo step di conversione.
Un aspetto positivo dei bounce è che tornano al mittente provvisti di un codice di classificazione: in questo modo puoi capire perché le tue email non arrivano a destinazione e rimediare.
Recapiti, email bounce, aperture, clic: le metriche con cui valutare l’engagement delle tue campagne
Per sapere in che misura gli iscritti al tuo database apprezzano le email che invii loro (e modificare la tua strategia se il riscontro non è buono) puoi utilizzare le seguenti metriche:
- recapiti e bounce (puoi distinguere tra bounce permanenti e soft bounce);
- aperture: indica il grado di rilevanza dei messaggi nell’inbox dei destinatari;
- clic: indica il grado di rilevanza del messaggio aperto;
Nota: non valutare le metriche nella loro singolarità, ma fai una valutazione complessiva: ogni dato apporta un elemento in più all’analisi globale della tua strategia.
Una volta composto il quadro delle tue performance, compara i tuoi risultati con i risultati medi del tuo settore: li trovi nell’Osservatorio Statistico 2020 di MailUp.
Eccoti un caso specifico in cui ti spieghiamo come ottimizzare la deliverability per le campagne natalizie. Le best practice descritte sono applicabili anche ad altre situazioni.
Email marketing deliverability: le best practice per aumentare il tasso di consegna delle email (e non solo)
Alcune azioni ti permettono di ottimizzare le consegne delle tue email, migliorando la tua deliverability:
- invia sempre l’email di benvenuto alle persone che si iscrivono al tuo database: oltre a essere una buona pratica, è un modo per aumentare il tasso medio di apertura delle tue email e guadagnare punti con i client di posta (in genere, infatti, queste email hanno open rate superiori al 50%)
- mantieni il peso dell’email al di sotto di 100 KB o, per maggiore sicurezza, tra 50 e 70 KB
- ottimizza le dimensioni delle immagini rispetto all’email: il rapporto ideale tra testo e immagini è 60/40
- nelle tue email prediligi l’uso di codice HTML pulito e tabelle nidificate;
- evita lo spammy content
- usa il sistema double opt-in
- mantieni ben visibile il link di disiscrizione al tuo database per evitare di essere segnalato come spam
- usa i protocolli di autenticazione (SPF, DKIM, DMARC) per confermare ai client di posta elettronica la tua legittimità come mittente e quella del tuo messaggio
- affidati a una piattaforma di invio professionale e sicura – MailUp, ad esempio, rispetta i migliori standard di sicurezza, aderisce ai programmi di feedback loop e i suoi IP sono inseriti nelle più autorevoli whitelist internazionali
- mantieni pulito e ordinato il tuo database: prediligi la qualità dei contatti alla quantità, gestisci disiscrizioni e nuove iscrizioni in modo tempestivo, elimina gli indirizzi erronei e segmenta i tuoi contatti in liste in base a caratteristiche comuni
- non comprare o affittare mailing list
- rispetta il nuovo Regolamento europeo sulla privacy
- stabilisci un piano di invii con una frequenza che ti permetta di mantenere viva la relazione con i tuoi contatti (non scendere sotto i 2 invii al mese).
Ricorda: le azioni strategiche per aumentare la tua deliverability possono essere tante, da piccoli tips tecnici a importanti modifiche strutturali nelle tue email, ma il primo e più importante principio da rispettare è quello di non deludere le aspettative di chi si è iscritto al tuo database.
In questo video puoi vedere come come creare un ecosistema email ad alta deliverability basato su sicurezza e automazione.
Ai client di posta interessa recapitare un messaggio di valore: i consigli che ti abbiamo dato servono a presentarti con una buona reputazione. Fai inserire il tuo dominio in rubrica dal destinatario per agevolare il controllo di rilevanza da parte degli ISP.
SPF, DKIM e DMARC: i protocolli email che migliorano la tua deliverability
Come abbiamo già detto, la deliverability dipende da una buona reputazione del mittente (sender reputation) e quest’ultima passa anche per i protocolli di autenticazione delle email.
Soffermiamoci allora su questo punto per capire meglio come funzionano, a cosa servono e quali sono le opzioni a tua disposizione.
Protocolli di autenticazione email: cosa sono
Per prima cosa definiamo che cos’è un protocollo: nella comunicazione informatica, un protocollo è un insieme di regole che definisce le modalità di comunicazione tra due soggetti.
Nel caso dell’email marketing i protocolli di autenticazione mettono in sicurezza le comunicazioni tra un mittente e un destinatario: da una parte un brand si assicura che un pirata informatico non possa appropriarsi della sua identità e inviare email a nome del brand; dall’altra, il destinatario dei messaggi email è protetto da possibili tentativi di phishing e riceve solo comunicazioni affidabili.
I protocolli di autenticazione email sono quindi misure di sicurezza a cui i provider fanno riferimento per decidere se consegnare o meno un messaggio: gli unici messaggi che gli ISP fanno arrivare a destinazione sono quelli il cui mittente gode di una buona reputazione (non è stato segnalato dagli utenti come spammer, il dominio e l’indirizzo IP non sono presenti nelle blacklist e il sender score è alto).
Le email sono potenzialmente vulnerabili quando sono inviate via SMTP: spammer e hacker possono sfruttare le falle di sicurezza di questo protocollo di trasmissione per spedire i loro messaggi di posta elettronica da IP address e domini “puliti”. In questo modo aggirano i controlli dei provider e consegnano le loro email spam come se fossero spedite da un altro indirizzo, che potrebbe essere il tuo.
Il rischio di conseguenze è reale: gli spammer vengono presto segnalati anche dai nuovi indirizzi per i loro contenuti indesiderati. Questo significa che, pur non avendo commesso alcuna irregolarità, anche il tuo dominio potrebbe entrare nella lista dei mittenti spam, a causa delle azioni dei veri spammer.
I protocolli email e l’autenticazione come sender incidono in modo determinante sulla tua deliverability, ecco perché devi essere prudente e utilizzare i protocolli a disposizione per impedire ai malintenzionati di servirsi del tuo dominio per inviare email spazzatura.
Vediamo quali sono i principali protocolli di autenticazione delle email.
SPF (Sender Policy Framework)
Il protocollo SPF autorizza all’invio un indirizzo IP o un dominio, permettendo di rilevare la falsificazione dell’indirizzo del mittente durante la consegna dell’email (tentativo di phishing).
La lista degli IP di invio autorizzati per un dominio è pubblicata nei record DNS di quel dominio, per questo quando il server del destinatario riceve il messaggio verifica che l’IP del mittente sia lo stesso che è indicato nel DNS.
Se i due indirizzi non coincidono il server devierà l’email alla casella di posta indesiderata, o restituirà il messaggio “Errore 550 – SPF check failed”.
Il protocollo SPF è costituito da tre elementi: il framework, un metodo di autenticazione e l’header di posta elettronica che trasmette le informazioni.
SPF deve essere associato a un altro protocollo per rilevare la falsificazione del mittente visibile nelle e-mail: si tratta del protocollo DKIM.
DKIM (DomainKeys Identified Mail)
Questo protocollo di autenticazione permette al destinatario di verificare, tramite le firme digitali, che l’email che ha ricevuto sia stata inviata da un dominio specifico e che l’invio sia stato effettivamente autorizzato dal proprietario di quel dominio.
In pratica DKIM è una chiave crittografata collegata a un nome dominio e rappresenta la firma digitale del mittente in ogni messaggio di posta inviato.
Il server del destinatario potrà verificare l’autenticità del mittente del messaggio attraverso questa chiave pubblicata nel DNS.
Lo scopo di questo controllo è evitare l’email spoofing, una tecnica di email spam che consiste nella contraffazione dell’indirizzo del mittente.
DMARC (Domain-Based Message Authentication, Reporting & Conformance)
DMARC è il protocollo di autenticazione e-mail che permette di proteggere con la maggior efficacia un dominio da un uso non autorizzato, evitando spoofing, phishing e altre forme di truffe via email.
DMARC funziona verificando che il dominio del mittente sia “allineato” con altri nomi di dominio autenticati.
Quando il controllo del server sul mittente dà esito positivo il record viene associato allo status Pass; se invece la chiave ricevuta dal server non coincide con quella indicata nel DNS del mittente, al record viene associato lo status Fail.
Per passare il controllo DMARC è imprescindibile aver passato i check SPF e DKIM.
Il protocollo DMARC include anche un meccanismo di segnalazione: i destinatari delle e-mail possono dire al dominio se l’e-mail che hanno ricevuto ha superato o meno l’autenticazione.
Ecco alcuni dei vantaggi di proteggersi con il protocollo email DMARC:
- metti al riparo dalle frodi informatiche i contatti del tuo database;
- semplifichi la consegna del messaggio;
- salvaguardi la reputazione del tuo dominio.
Con MailUp puoi proteggere il tuo dominio con DMARC in qualsiasi momento: la nostra piattaforma ti assicura sempre i più alti standard di sicurezza e una deliverability ottimale.
SMTP+: un protocollo evoluto che aumenta la deliverability
La sigla SMTP sta per Simple Mail Transfer Protocol ed è il protocollo standard per la trasmissione di email via internet.
Questo protocollo è efficiente e funzionale, ma presenta un grave problema: purtroppo i server SMTP associati ai principali provider si basano su IP address non monitorati, quindi un mittente che invia contenuti di valore al proprio database potrebbe ritrovarsi a condividere l’IP con quello di uno spammer. Questo potrebbe compromettere la sua reputazione e quindi la deliverability dei suoi invii.
Per superare questa pericolosa condizione di forzata condivisione degli IP, MailUp ha sviluppato un server di posta integrabile, a cui ha dato il nome di SMTP+.
Lo speciale server di invio SMTP+ di MailUp si collega a sistemi esterni come e-commerce, CRM, blog WordPress o altri CMS, assicurando un’alta velocità di consegna, un’elevata deliverability, personalizzazione dei messaggi, gestione dei disiscritti, bounce e segnalazioni di spam, invii automatici illimitati, statistiche dettagliate e tracciamento degli invii.
SMTP+ è un servizio attivabile per le edizioni Plus, Premium ed Enterprise di MailUp. Per attivarlo è sufficiente aggiungere un utente SMTP+ nella tua piattaforma e configurare l’invio di email dalla tua applicazione esterna.
H3 Come gestire gli unsubscribe per migliorare la deliverability
Non pensare che se semplificherai la disiscrizione dei tuoi contatti dal tuo database vanificherai tutti i tuoi sforzi di database building.
Come già detto, quando si parla di contatti la qualità è più importante della quantità. Se una persona non vuole ricevere i tuoi messaggi, con le tue offerte o le tue novità, vuol dire che non è interessata a ciò che vendi, che siano prodotti o servizi. Si tratta di un contatto che non convertirà, quindi ogni invio a questo destinatario è una spesa inutile che intacca il tuo budget.
Impedire a un utente di abbandonare il tuo database ti causa due problemi:
- un contatto che non interagisce con le tue email peggiora le tue metriche, ad esempio il tasso medio di apertura o il CTR
- una persona che non trova nella tua email il pulsante per disiscriversi dalla tua mailing list cercherà di abbandonare le tue liste in un altro modo, probabilmente marcando il tuo messaggio come spam o posta indesiderata.
Lo scenario numero 1 mostra senza alcun dubbio un problema importante, ma non è niente in confronto alla problematica che si verificherà nel secondo caso: essere segnalato come spammer darà il via a conseguenze molto spiacevoli per te. Innanzitutto metterà in allarme i client di posta ogni volta che dovranno consegnare un tuo messaggio: se vari utenti agiscono nello stesso modo, indicandoti come un mittente indesiderato, troverai sul tuo cammino un semaforo rosso che bloccherà la consegna delle tue email ai loro destinatari.
Questo significa email non recapitate e deliverability compromessa.
Ne vale la pena? Converrai con noi che no.
Ecco allora alcuni consigli che migliorano la deliverability attraverso la corretta gestione degli unsuscribe:
- rendi facile e immediata la disiscrizione dalla tua mailing list
- invece di una disiscrizione in un clic prova l’opzione double opt-out, inserendo uno step intermedio in cui l’utente può modificare la frequenza di invio dei tuoi messaggi, i canali di ricezione o impostare un periodo di sospensione dalle tue comunicazioni – in questo modo non chiudi del tutto la porta
- completa il link di disiscrizione con il permission reminder (disclaimer o richiamo sul consenso) che ricorda all’utente il motivo per cui riceve le tue email – serve anche per determinare se un’eventuale segnalazione di spam è legittima
- monitora costantemente i tassi di disiscrizione al tuo database.
Email Marketing Spam: perché i tuoi messaggi non devono finire nella posta indesiderata e come evitarlo
Spam: il significato
Indagando l’origine del termine spam scopriamo che questa parola non è sempre stata associata all’Email Marketing.
La prima volta che fu usata, negli anni ‘70 del secolo scorso, il mezzo era la televisione e il riferimento era a una marca americana di carne in scatola dalla scarsa qualità e la importuna onnipresenza, la “Spam” (il cui nome era una contrazione di sp(iced h)am ‘prosciutto speziato’).
Nel tempo la parola spam è stata associata a qualcosa di invadente e indesiderato, fino ad indicare, circa un decennio dopo la sua prima menzione, messaggi indesiderati e di scarso interesse.
Quando un’email diventa spam
Con la diffusione delle tecnologie digitali cominciarono a fare la loro comparsa anche le comunicazioni non richieste e importune. Il termine spam cominciò ad essere sempre più utilizzato e a diventare il nome di riferimento di tutti quei messaggi non richiesti, inviati massivamente a destinatari non interessati e che non avevano richiesto informazioni al mittente.
Si passò rapidamente all’associazione con posta spazzatura (junk mail), a cui oggi lo spam fa riferimento.
Fare spam è in genere un’azione consapevole e volontaria: un’azienda o un professionista, nel momento in cui inviano comunicazioni non richieste, di bassa qualità, promuovendo servizi o prodotti scadenti, sanno di star facendo spam.
Perché lo fanno se nessuno ama lo spam? Perché, per la teoria dei grandi numeri, contano sul fatto che qualche pesce abboccherà comunque all’amo.
Se ti è capitato di ricevere posta indesiderata sai già che questa strategia presenta diverse falle. Ma entriamo nel dettaglio e vediamo perché lo spam non funziona:
- per prima cosa gli invii spam sono in gran parte filtrati dai provider di posta elettronica (grazie agli spam filters), quindi molte persone nemmeno si accorgono di aver ricevuto queste comunicazioni
- l’utente caduto nella rete saprà cosa aspettarsi in caso di ricevere un nuovo messaggio da quel mittente o, in generale, da quell’azienda
- come conseguenza del punto 2, l’utente si lamenterà in rete e sui social network del mittente del messaggio spam, creando una crisi di reputazione del brand
- il mittente sarà segnalato dai destinatari dei messaggi spam come spammer e gli ISP filtreranno tutto ciò che arriva da quell’indirizzo email.
Quindi fare spam non è molto redditizio: le metriche di OR e CTR non sono mai buone, i bounce rate sono alti o altissimi e il costo di invio delle email non è ammortizzato dalle conversioni. Ma soprattutto il rischio di compromettere la reputazione del brand è reale.
Se fai Email Marketing in modo professionale non dobbiamo certo convincerti che fare spam è un’attività controproducente per qualsiasi azienda e che non dovresti servirtene in nessuna situazione.
Purtroppo però, non solo le comunicazioni degli spammer sono deviate dalla casella di inbox del destinatario per finire in quella di posta indesiderata. A volte, infatti, capita che anche email inviate in buonafede, con contenuti di valore per l’utente, siano classificate come spam dagli ISP.
Come evitare che l’email sia considerata spam
Come funzionano i filtri antispam? Così come per molti degli algoritmi online (vedi Google) non sono note le variabili utilizzate dai sistemi antispam per filtrare i messaggi junk o spazzatura.
Questo per evitare che gli spammer possano approfittarne, aggirando i filtri.
L’unica cosa che possiamo fare per sapere cosa piace e cosa no agli ISP è vedere come si comportano con diverse variabili e, in base a ciò, trarre conclusioni da utilizzare come linee guida per evitare i filtri antispam.
In base a test di questo tipo è stato visto che ci sono diversi elementi che conducono le tue email dritte nella casella di spam. È utile sapere di cosa si tratta per poterli evitare.
I filtri antispam analizzano:
- il mittente del messaggio (nome, indirizzo IP, dominio)
- l’oggetto dell’email
- la forma e la struttura dell’email
- i link presenti
- le immagini (dimensioni e il rapporto con il testo).
Come evitare le segnalazioni degli ISP: le regole per non fare spam
Anche se non sappiamo con precisione cosa fa scattare il ban da parte dei provider di posta, ci sono alcuni comportamenti che, senza alcun dubbio, ti mettono nella corsia preferenziale per la casella di spam.
Il primo e più importante fattore per salvaguardare la tua deliverability è la tua reputazione come sender: per non metterla a repentaglio devi evitare tutte quelle azioni nocive che solo apparentemente presentano un beneficio.
Ecco le pratiche più deleterie per la deliverability di una strategia di Email Marketing:
- Acquistare database o email list. Prediligi sempre le attività di database building. Qui ti spieghiamo perché devi evitare di comprare elenchi di email.
- Affidarti a una piattaforma di invio non professionale. Quello che in principio può sembrarti appetibile per prezzo e funzionalità, presto potrebbe ritorcertisi contro: informati molto bene, online e con altri colleghi, prima di scegliere l’infrastruttura con cui mandare le tue email. Opta sempre per piattaforme affidabili, con alti tassi di recapito, che rispettino gli standard di sicurezza.
- Creare un oggetto email spammy. L’oggetto delle email viene passato in rassegna dagli ISP ed è abbastanza chiaro che alcune parole sono considerate spam e attivano i filtri. Si tratta di:
- testo tutto in maiuscolo
- eccessivo uso di punteggiatura, in particolare di punti esclamativi e interrogativi
- simboli di valute ($, €, £, ¥, …)
- alcune parole, dette “spam word”, come: gratis, offerta, prestito, compra ora, soldi gratis, urgente, chiama ora, etc…
- espressioni “notoriamente spammy”, come: Non crederai ai tuoi occhi, Congratulazioni: hai vinto, Scopri il segreto che nessuno vuole rivelarti…
- Embeddare immagini nelle tue email. Le immagini incorporate nel messaggio vengono viste con sospetto da alcuni filtri antispam. Per evitare il problema puoi usare l’editor drag & drop BEE, che ottimizza le immagini al momento della creazione dell’email, rendendole innocue agli occhi dei filtri antispam.
- Non controllare i link. I link sono un elemento molto rischioso: se ne usi molti, puntando a domini diversi, se non sono integri (link non funzionanti) o se sono presenti in blacklist i filtri antispam scattano immediatamente.
- Inserire nelle email codice HTML generato con software terzi. Se il codice contenuto nelle tue DEM o newsletter non è ottimizzato, “pulito”, salta un campanello di allarme che ti fa finire nella casella di posta indesiderata dei tuoi contatti. Il male non è l’HTML ma lo strumento che usi per generarlo. Ancora una volta la soluzione più sicura è un editor affidabile, come il nostro BEE, che scrive codice HTML ottimizzato pronto all’uso.
- Non gestire i bounce e non ripulire il tuo database. È normale che le tue liste di contatti contengano indirizzi email erronei o non più validi. Una soglia accettabile di rimbalzi (messaggi che non è stato possibile consegnare per diversi motivi tecnici) si aggira intorno allo 0,5%. Superare questo valore manda un feedback negativo ai provider di posta.
Spam test e bounce check: gli strumenti per aumentare la deliverability delle email
Come puoi sapere se le tue email sono contrassegnate dai client di posta come SPAM e quindi gli iscritti del tuo database non le riceveranno nella casella di inbox?
Esistono degli strumenti che valutano gli elementi da cui dipende una pessima deliverability: codice HTML, oggetto e contenuto dell’email, sender reputation.
Questi tool calcolano il tuo “punteggio di spam”, ti indicano quali sono i punti deboli dei tuoi invii e spesso ti forniscono consigli pratici per migliorare la tua capacità di recapitare correttamente le email nella casella di posta in entrata dei tuoi contatti.
Perché sto inviando email spam?
Lo spam test di MailUp risponde a questa domanda fornendoti una spiegazione chiara del perché gli ISP etichettano le tue email come comunicazioni indesiderate, ovvero spam.
Nel dettaglio il test verifica:
- la compatibilità con 76 client di posta (compresi quelli per device mobile)
- la reputazione e integrità dei link presenti nell’email
- la presenza di elementi riconosciuti come spam dai client di posta, con punteggio SpamAssassin
- la correttezza dell’HTML e la presenza di una versione testuale dell’email per i destinatari che non supportano l’HTML
- relativamente all’email bounce, identifica 16 categorie di errori di recapito e li gestisce in autonomia (è il nostro bounce check)
- infine controlla la deliverability reale, con un invio fittizio a una lista di prova.
Finire nello spam non è un’opzione se fai Email Marketing: corri rapidamente ai ripari se scopri che c’è qualche problema con i tuoi invii. Le performance delle tue campagne dipendono anche da questi dettagli tecnici, ecco perché ti suggeriamo di realizzare sempre, prima dell’invio, un email-check o test di invio.
Questo dovrebbe essere uno step imprescindibile nella tua routine di lavoro: è infatti durante quest’ultima verifica che puoi riscontrare quegli errori a livello tecnico e di infrastruttura che impediscono ai tuoi messaggi di posta di arrivare a destinazione.
Non ci stancheremo mai di ripeterlo: la deliverability è fondamentale per il successo di una strategia di Email Marketing e correggere i difetti nelle email in partenza può significare recuperare in extremis un invio e salvare i tuoi risultati.
Controlla sempre la sezione Check-up su MailUp prima di inviare le tue email: hai a disposizione uno strumento affidabile e facile da usare per ridurre drasticamente gli errori nei tuoi invii e migliorare i tassi di recapito.
Non hai ancora provato la piattaforma? Richiedi una trial e metti alla prova senza impegno tutto il potenziale di MailUp.